Sicilia 2019: Agilulfo scrive all’ex Arianna, mai dimenticata, e la lettera diventa l’occasione per un bilancio della sua esistenza: la gioventù negli ’80, nei quali una febbre simulata al liceo lo tiene a casa per un mese, spia della natura inconcludente e dello stesso destino. Ormai quarantenne, l’incontro con una compagna di classe che lo respinge di nuovo frustra la sua velleitaria speranza di poter recuperare il passato, cambiando il corso degli eventi. C’è la permanente crisi economica, un vecchio amico che si presenta di notte a casa sua e Agilulfo che dice ad Arianna di aver finito il romanzo della vita. Ma incontri che sembrano impossibili con Craxi, Pannella, Freak Antoni e Lilli Carati, mentre si beve piña colada venduta al mercato nero in spiaggia, proietteranno Agilulfo in un futuro che mai avrebbe immaginato e col quale dovrà fare i conti.
pag.234 – Isbn 978-88-68925-60-4
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Beatrice –
Un felice esordio, in “Rivoglio i Matia, con Antonella Ruggiero” si ride e ci si commuove, come nella vita.
Domenico –
Uno di quei libri che piacciono a me: scritto benissimo.
alessandro gnani –
Rivoglio i Matia, con Antonella Ruggiero di Dario Zizzo, parte come una lettera che il protagonista, Agilulfo, scrive all’ex fidanzata Arianna. La lettera è l’espediente narrativo che gli consente di traccire un bilancio della propria vita, una sorta di testamento spiriturale a tutto campo. C’è il rapporto toccante con la madre, con le propri origini e gli amici del paese siciliano Tarrasicca (una carrellata a volte spassosa a volte commovente), ci sono pagine d’amore molto intense, ma non mancano considerazioni ad esempio sulla letteratura e sul l mestiere di scrivere; il tutto nello scenario degli anni ’80, ricordando tra gli altri Mike Bongiorno o programmi come Indietrotutta. Non da ultimo il calcio e tanta musica.
Dentro un flusso continuo di pensieri, Agilulfo sa giostrarsi bene tra il regitro ironico e quello appassionato (“Leggendo queste parole, forse tornerai a tenere fra le tue braccia il mio cuore, come si fa con una trapunta quando il freddo pietà non ha”), con una voce elegante che non disdegna similitudini e metafore.
E’ un libro che va affrontato con cura, pieno di stimoli e suggestioni. Ne va assaporata pagina per pagina la tecnica di scrittura. Soprattutto penso che l’a. sia stato capace di immergere il lettore nel viaggio interiore del protagonista. Agilulfo ci prende la mano, ci conduce nei meandri del suo essere, ed è come se ci strizzasse l’occhio, ben sapendo che incontreremo pagine dove ci riconosceremo in lui.
Francesca –
Non siamo più abituati alle lettere, al limite usiamo le mail o il più delle volte messaggi più o meno brevi. Questo romanzo è una lunga lettera, e questa scelta ci porta un po’ indietro nel tempo, in un’atmosfera che sembra non esserci più, a ciò che eravamo. Anche l’insolito nome del protagonista, Agilulfo, in un certo senso ci trasporta in un tempo diverso dal nostro. Eppure non si parla di tempi antichi, si parla degli anni ottanta, che molti di noi hanno felicemente vissuto e ricordano, ma che per i giovani sono davvero molto lontani. Ma attenzione, non si tratta solo di un amarcord per nostalgici; sebbene la nostalgia sia dietro l’angolo – con le canzoni, le trasmissioni del tempo, gli eventi collettivi (come la storia di Alfredino Rampi) – ecco che il lungo flusso di coscienza di Agilulfo, scrittore egli stesso, vuole dirci anche altro: vuole farsi portavoce dell’autore che “approfitta” di lui per esprimere le sue opinioni su tanti aspetti dell’esistenza. E allora trovano spazio la vita, la morte, l’amore, la pazzia. Ed è un mondo ricco di aggettivi. Tra ricordi di scuola e personaggi davvero coinvolgenti, momenti esilaranti di fantozziana memoria. Non mancano le invettive contro gli idoli della società moderna, le critiche alla politica e ad alcuni ambienti: “Ogni volta che ti vogliono rifilare una fregatura, dicono che è la democrazia”. Critiche in cui mi sono molto riconosciuta. I contrasti abbondano: la libertà e la schiavitù dell’individuo, che crede di essere libero possedendo tutto per poi vivere secondo ciò che il consumismo impone. Come nella lunga scena del ferragosto – “Signore, liberaci dai riti dell’estate” (parole sante).
Molto efficaci le descrizioni del popolo che si muove in massa, situazioni molto dettagliate, i personaggi molto pirandelliani si alternano piacevolmente, da parenti solitari a prostitute quasi uscite dalla canzoni di De André. A un certo punto avrete la sensazione che non succeda niente, vi chiederete dove si vuole andare a parare, vi smarrirete, ma arriverete comunque alla fine, perché il colpo di scena c’è, e non è quello che vi aspettereste.
Sarebbero troppi i passaggi che mi piacerebbe citare, ma scelgo questo stralcio sugli anni ottanta:
“Se dovessi definire quegli anni, gli Ottanta, direi che furono anni colorati come il cubo di Rubik, come Boy George, come gli Swatch, psichedelici, di luci psichedeliche, furono una selva di flash sparati contro gli occhi, forse delle monete d’oro false brave a trarci in inganno (…)”
Per finire, se cercate una struttura secondo i modelli più diffusi di narrativa, se vi piacciono i turning point e cercate un villain, preparatevi a un altro tipo di avventura perché tutto questo non c’è (forse). Preparatevi a godere della scrittura di questa opera prima, perché è davvero fluida, accattivante, e l’autore rende tutto reale. Magari quando finirete, cercherete quella lettera scritta e mai spedita, come ho fatto io.
Andrea –
UN FLUSSO CONTINUO DENTRO GLI ANNI OTTANTA,
Rotola tra i ricordi degli anni 80, la bella scrittura di Dario Zizzo nel suo “Rivoglio i Matia con Antonella Ruggero.
Il flusso di pensieri di questa enorme lettera quasi testamentaria che Agilulfo torrenzialmente scrive alla sua bella perduta ci conduce all’interno del paese di Terrasicca, inventato panorama di cento paesi del Sud Italia dove in un angolo ancora puoi ritrovare segnali di un tempo passato per i più, ma indimenticato per chi li osserva.
E ci racconta di adolescenza, di amori perduti (o forse buttati) di compagni di scuola cresciuti per divenire avvocati o medici, al contrario di quello scrittore rimasto a casa con sua madre a completare nel tempo la sua opera.
Scrive bene Dario Zizzo, raramente debordando, tra scrittura colta e battute popolari, tra pensieri profondi e ricordi televisivi talvolta dimenticabili, ma soprattutto fa rivivere ai nostri occhi personaggi meravigliosamente raffigurati i quali si muovono in un passato chiarissimo per chi oggi è over 50 ma godibile anche per chi da quel limite si trova ancora distante.
Lo zio Franco, Patanè, l’Intellettualino del Cazzo, Pasquale Iannarino , il mitico professor Giuffrida, la Lorenza, si delineano indelebili tra i fatti e le canzoni di un passato permeato di nostalgia, uscendo prepotentemente con la loro forza, con le loro debolezze, con le loro manie.
Trascinandoci in un tuffo in apnea in un passato dove “non cercavamo la perfezione riscontrabile ma l’imperfetto dentro di noi; non il sublime, ma il familiare, non l’eternità ma il fast food”